Le cento sicilie – Il più ibrido dei continenti
Giovanni Iudice, è pittore che rivendica orgogliosamente la sua formazione da autodidatta perché questa gli ha consentito di elaborare un linguaggio autonomo e originale, attraverso la costruzione di un processo che parte dalla fotografia, come espediente documentario, per svilupparsi poi nelle forme di una pittura engagé, in costante rapporto dialettico con la realtà storica e sociale. Eppure, la sua figurazione non si limita a documentare il reale e il quotidiano nelle forme più drammatiche o prosaiche, ma si offre all’osservatore come strumento ermeneutico, come dispositivo visivo in grado di innescare un processo d’analisi e valutazione del mondo contemporaneo.
Si tratti, nei dipinti precedenti, dei profughi e migranti che, esausti, approdano sulle nostre coste o, nelle opere più recenti, dei villeggianti e bagnanti che su quelle stesse marine oziano pigramente, il soggetto dei dipinti di Iudice è sempre l’umanità, nella duplice accezione di individuo e di massa.
Il carnaio umano, livido e tumefatto degli emarginati o pallido e lattescente dei vacanzieri, viene descritto con taglio radicalmente oggettivo, all’interno di un contesto naturale quasi stridente: quello delle spiagge, degli scogli, insomma della morfologia litoranea del gelese. Il mare, presenza costante nella pittura di Iudice, non fa semplicemente da sfondo allo svolgersi delle vicende umane, ma è, esso stesso, tema e contenuto poetico, scheggia visiva del vissuto quotidiano dell’artista e, insieme, immagine di ciò che è eterno e immutabile rispetto ai sommovimenti della storia.
Iudice risolve questa antitesi, questa aritmia tra l’attuale e il durevole soprattutto in termini grammaticali, costruendo un linguaggio solo apparentemente coeso. Un linguaggio dove la complessiva tessitura realistica è, piuttosto, il prodotto di visioni differenti, come si evince da certe sottili alterazioni prospettiche e da certe incongruenze ottiche che denunciano la natura squisitamente pittorica delle sue immagini. Elementi forse meno espliciti in dipinti come Vita, del 2018, o Contemplazione, dello stesso anno, ma manifesti in quadri come Vertigo (2019) e Solaris 3 (2018), dove emerge il carattere prammatico di una pittura che, come quella degli artisti tedeschi della Nuova Scuola di Lipsia, interpreta la figurazione realista non come forma di registrazione, ma come simultanea proiezione di percezioni e costrutti mentali. Solaris 3 è, in tal senso, un enunciato di questo lessico neorealista, dove coesistono disegno e pittura, dettaglio fotografico e mimetismo sintetico, figura compiuta e configurazione precaria, riflusso poetico e osservazione sociale la sua figurazione non si limita a documentare il reale e il quotidiano nelle forme più drammatiche o prosaiche, ma si offre all’osservatore come strumento ermeneutico, come dispositivo visivo in grado di innescare un processo d’analisi e valutazione del mondo contemporaneo.
Si tratti, nei dipinti precedenti, dei profughi e migranti che, esausti, approdano sulle nostre coste o, nelle opere più recenti, dei villeggianti e bagnanti che su quelle stesse marine oziano pigramente, il soggetto dei dipinti di Iudice è sempre l’umanità, nella duplice accezione di individuo e di massa. Il carnaio umano, livido e tumefatto degli emarginati o pallido e lattescente dei vacanzieri, viene descritto con taglio radicalmente oggettivo, all’interno di un contesto naturale quasi stridente: quello delle spiagge, degli scogli, insomma della morfologia litoranea del gelese. Il mare, presenza costante nella pittura di Iudice, non fa semplicemente da sfondo allo svolgersi delle vicende umane, ma è, esso stesso, tema e contenuto poetico, scheggia visiva del vissuto quotidiano dell’artista e, insieme, immagine di ciò che è eterno e immutabile rispetto ai sommovimenti della storia.
Iudice risolve questa antitesi, questa aritmia tra l’attuale e il durevole soprattutto in termini grammaticali, costruendo un linguaggio solo apparentemente coeso. Un linguaggio dove la complessiva tessitura realistica è, piuttosto, il prodotto di visioni differenti, come si evince da certe sottili alterazioni prospettiche e da certe incongruenze ottiche che denunciano la natura squisitamente pittorica delle sue immagini. Elementi forse meno espliciti in dipinti come Vita, del 2018, o Contemplazione, dello stesso anno, ma manifesti in quadri come Vertigo (2019) e Solaris 3 (2018), dove emerge il carattere prammatico di una pittura che, come quella degli artisti tedeschi della Nuova Scuola di Lipsia, interpreta la figurazione realista non come forma di registrazione, ma come simultanea proiezione di percezioni e costrutti mentali. Solaris 3 è, in tal senso, un enunciato di questo lessico neorealista, dove coesistono disegno e pittura, dettaglio fotografico e mimetismo sintetico, figura compiuta e configurazione precaria, riflusso poetico e os la sua figurazione non si limita a documentare il reale e il quotidiano nelle forme più drammatiche o prosaiche, ma si offre all’osservatore come strumento ermeneutico, come dispositivo visivo in grado di innescare un processo d’analisi e valutazione del mondo contemporaneo.
Si tratti, nei dipinti precedenti, dei profughi e migranti che, esausti, approdano sulle nostre coste o, nelle opere più recenti, dei villeggianti e bagnanti che su quelle stesse marine oziano pigramente, il soggetto dei dipinti di Iudice è sempre l’umanità, nella duplice accezione di individuo e di massa.
Il carnaio umano, livido e tumefatto degli emarginati o pallido e lattescente dei vacanzieri, viene descritto con taglio radicalmente oggettivo, all’interno di un contesto naturale quasi stridente: quello delle spiagge, degli scogli, insomma della morfologia litoranea del gelese. Il mare, presenza costante nella pittura di Iudice, non fa semplicemente da sfondo allo svolgersi delle vicende umane, ma è, esso stesso, tema e contenuto poetico, scheggia visiva del vissuto quotidiano dell’artista e, insieme, immagine di ciò che è eterno e immutabile rispetto ai sommovimenti della storia.
Iudice risolve questa antitesi, questa aritmia tra l’attuale e il durevole soprattutto in termini grammaticali, costruendo un linguaggio solo apparentemente coeso. Un linguaggio dove la complessiva tessitura realistica è, piuttosto, il prodotto di visioni differenti, come si evince da certe sottili alterazioni prospettiche e da certe incongruenze ottiche che denunciano la natura squisitamente pittorica delle sue immagini. Elementi forse meno espliciti in dipinti come Vita, del 2018, o Contemplazione, dello stesso anno, ma manifesti in quadri come Vertigo (2019) e Solaris 3 (2018), dove emerge il carattere prammatico di una pittura che, come quella degli artisti tedeschi della Nuova Scuola di Lipsia, interpreta la figurazione realista non come forma di registrazione, ma come simultanea proiezione di percezioni e costrutti mentali. Solaris 3 è, in tal senso, un enunciato di questo lessico neorealista, dove coesistono disegno e pittura, dettaglio fotografico e mimetismo sintetico, figura compiuta e configurazione precaria, riflusso poetico e osservazione sociale.
“Le cento sicilie-Il più ibrido dei continenti”
Ed Tyche, 2022